Un nuovo racconto breve dal sapore romantico per voi.

La luna e i falò
Il profumo di salsedine mi riempie le narici mentre mi cullo nel rumore delle onde che si infrangono sulla
spiaggia in lontananza.
Alzo lo sguardo ed osservo il cielo. Questa sera la luna è particolarmente bella, quasi piena e più luminosa
Alzo lo sguardo ed osservo il cielo. Questa sera la luna è particolarmente bella, quasi piena e più luminosa
del solito, o almeno così mi pare.
La spiaggia questa sera è deserta ma, se mi concentro, riesco ad individuare i punti in cui tra qualche ora,
accenderanno i fuochi.
Che meravigliosa tradizione quella dei falò notturni in riva al mare.
Ricordo tutto di noi, del calore che avvertivo sul viso quando, seduti accanto al fuoco, cantavamo a
squarciagola accompagnati dal suono della tua chitarra.
Ripercorro mentalmente i nostri incontri.
La prima volta che ti scorsi, ormai dieci anni fa, fu proprio lì, accanto alle fiamme.
Gli animatori del villaggio avevano invitato tutti a partecipare alla festa e, curiosa di partecipare ad
un’iniziativa da grandi, io, ancora dodicenne, mi ero accodata ad un gruppo di turisti stranieri e avevo
raggiunto, timida e dubbiosa, il punto di ritrovo. Un falò, un po’ di musica, alcool e risate poi seguite da una
nuotata notturna, mi piacque, ma ciò che mi rapì subito fu il tuo sguardo.
L’anno successivo ritornai, stesso albergo, stessa spiaggia, stessi amici e stesse abitudini. Il fuoco acceso, la
spensieratezza, la musica ed i tuoi occhi meravigliosi.
Non osavo nemmeno avvicinarmi, ti vedevo irraggiungibile; quasi adulto e bellissimo, ma riuscisti a
sorprendermi dedicandomi una canzone, e fissandomi intensamente mentre la tua splendida voce si
diffondeva nell’aria. Da timida sciocca, quasi scappai. Trovai una scusa e rientrai in camera con le guance in
fiamme ed il cuore in gola.
Ma l’anno successivo ci fu la vera svolta. Non osavo sperare di ritrovarti ed invece eri lì ad attendermi
accanto al falò sotto la luce della luna. La musica c’era ma non eri tu a suonare, così ti avvicinasti e
parlammo per tutta la sera. Ricordo ancora l’emozione quando, stringendomi delicatamente la mano mi
accompagnasti fino all’ hotel e le nostre labbra si sfiorarono appena. Pensai di sognare quando ti sentii dire
“So che non è ancora il momento ma io ti aspetterò!” ed invece hai mantenuto la promessa.
Due anni dopo mi regalasti l’estate più bella della mia vita. Passeggiate, abbracci, risate, carezze e baci. Le
mie paure non erano scomparse. Ero giovane, impacciata ed insicura. Temevo di fare brutta figura e di
sciupare questa immagine idilliaca che si era formata nella mia mente. Spesso, stupidamente, ti evitavo ma
poi tornavo sempre là al nostro falò, sera dopo sera perché non potevo più fare a meno di te. E tu,
poi tornavo sempre là al nostro falò, sera dopo sera perché non potevo più fare a meno di te. E tu,
splendido, sensibile e meraviglioso principe azzurro eri lì ad attendermi e non mi chiedevi mai più di quello
che ero pronta darti.
E proprio qui, sul terrazzo dell’attico, dove mi trovo ora, mi dimostrasti di essere unico e speciale.
Non so come ti eri procurato la chiave di questa stanza, dove in quei giorni non alloggiava nessuno. Mi
accompagnasti qui sperando probabilmente che in intimità senza il timore di essere visti mi sciogliessi un
po’. Varcai la soglia tremante, ero bloccata, una parte di me desiderava ardentemente qualcosa di più, ma il
mio corpo si rifiutava di assecondarla ed il mio cervello aveva già iniziato a farsi sopraffare da timori e paure.
Mi hai presa per mano e mi hai condotto qui, sul terrazzo, a guardare la luna e mi indicasti, uno ad uno, i
punti rossastri indicanti i vari falò in corso sulla spiaggia. Mi rilassai ed iniziammo a baciarci e a stringerci con
passione crescente, attraverso il tessuto leggero del mio abito potevo avvertire il tuo desiderio crescente ed
io non ero certo immune al tuo fascino. Avresti potuto approfittare del momento, riaccompagnarmi dentro
e fare l’amore con me ma, anche in quel frangente, mi hai lasciato scegliere. Ti sei fermato, hai accarezzato
lentamente, con i pollici, le mie guance arrossate per darmi una pausa e permettermi di pensare
lucidamente, hai sfoderato il tuo meraviglioso sorriso e, fissandomi negli occhi, ti sei limitato a chiedermi
“Restiamo o andiamo?”. Ero confusa, infantile, ingenua ed impaurita, presi la tua mano nella mia e, fissando
la punta delle mie scarpe, risposi con un fil di voce “Andiamo”.
Non ti rividi più dopo quella sera, io tornai a casa e negli anni successivi cambiammo meta per le vacanze.
Ed ora che sono tornata, dopo anni, continuo a chiedermi se feci la scelta giusta. Conservo dentro di me
tutte le sensazioni meravigliose di quelle estati, ogni volta che guardo le fiamme scoppiettanti sorrido
ripensando ai nostri falò.
Bussano alla porta, strano non aspetto nessuno.
“Mi scusi signorina, servizio in camera!”.
Apro per verificare, deve esserci un errore, io non ho chiesto nulla, ma non ho il tempo di parlare. Il mio
povero cuore impazzito cerca di uscire dal mio petto, la gola è secca e non riesco a credere a ciò che vedo.
“Buonasera tesoro! Ti avevo detto che ti avrei aspettato! Questa è per te!” mi porge una meravigliosa rosa
blu con un bigliettino raffigurante una spiaggia, un falò e una coppia di innamorati che si baciano sotto la
luna. Me la porge e avvicinandosi al mio orecchio mi chiede, sussurrando in modo sensuale:
“Andiamo o restiamo?”
Questa volta sono pronta, non sono più un’adolescente, sorrido sicura di me, mi sposto per farlo passare e
richiudo la porta alle mie spalle.
“Restiamo!”
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Giovanna
Molto romantico, mi piacciono le storie che finiscono bene. Non esistono più persone così o dobbiamo comunque credere che esistano? Dipende da noi.