Recensione L'appello
Passione scrittura

OurFreeTime Recensione “L’appello” di Alessandro D’Avenia

Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.

Sapevo che il Professor D’Avenia mi avrebbe aperto gli occhi e così è stato!

La Storia

 

E se l’appello non fosse un semplice elenco? Se pronunciare un nome significasse far esistere un po’ di più chi lo porta? Allora la risposta “presente!” conterrebbe il segreto per un’adesione coraggiosa alla vita. Questa è la scuola che Omero Romeo sogna. Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola. La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l’appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky… Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa.

 

L’opinione di Lella

Un romanzo ma non solo.

Non si tratta solo di un libro ma di un prezioso raccoglitore di spunti, riflessioni, punti di vista e soprattutto “emozioni”.

Una lunga metafora della nostra esistenza dove a volte per rendere “realtà” i pensieri e i sogni basta avere il coraggio di esprimersi ad alta voce e, ancor più importante, di saper guardare non solo con gli occhi.

Un paradosso il fatto che un uomo riesca a vedere il Mondo con disarmante chiarezza solo dopo aver perso la vista. Numerosi i passaggi che ho amato in questa narrazione, molteplici piccole “scosse” che hanno risvegliato parti di me ormai dormienti. Un testo che tutti dovrebbero leggere e assaporare. Non lo nascondo sono una persona emotiva e mi capita spesso durante la lettura di un romanzo o davanti ad un fil di versare qualche lacrimuccia e lo ammetto, mentre sfogliavo queste pagine più volte ho avuto gli occhi lucidi o ho dovuto interrompere la lettura per recuperare un fazzoletto con cui asciugarmi gli occhi. Lacrime di commozione, di liberazione, di riscoperta non di dolore o disperazione.

Tra le righe ho trovato stupore, umanità, speranza, capacità di lottare, fiducia, fatica, tristezza, forza, fierezza, gioia, delusione, paura e… tutto ciò che ci rende vivi nonostante tutto!

Alessandro ( spero che l’autore non si offenda se lo chiamo in modo così diretto, quasi confidenziale) è uno dei miei “maestri” anche se è più giovane di me e io non sono più una ragazza.

Se elencassi tutti i passaggi che ho amato rischierei di spoilerare troppo e di privarvi di quella curiosità e quel desiderio che mi auguro vi spingeranno a leggere questo piccolo grande capolavoro ma un paio di piccole citazioni vorrei condividerle con voi.

 

Nel primo il professore Omero Romeo incontra i suoi ragazzi per la prima volta e spiega loro come vuole condurre il suo appello speciale:

 

” Dalla prossima lezione cominceremo a lavorare sui perché. Portate una penna e un quaderno:

la chimica, la fisica, la biologia, l’astronomia c’entrano con la vita di tutti i giorni e non servono solo a sostenere un esame. E portate il vostro nome”…

“Ma perché? Che vuole che ci sia sotto un nome…” azzarda una voce maschile dalle retrovie in tono beffardo.

“Salvare un nome. Per questo faccio l’insegnante e non voglio smettere di farlo anche se sono dive.tato cieco…”

Il secondo sintetizza, a mio avviso, in modo chiaro e toccante quanto non solo il professore sia riuscito a dare ma, in particolar modo, quanto abbia ricevuto durante questa esperienza

 

“Alla fine ciò che conta non è se ci vedi ,ma che cosa guardi.

Non vedere mi ha costretto ad ascoltare il canto imprigionato nelle cose, che è la loro storia.

Come quei carillon antichi che restano muti fino a che qualcuno non ha l’ardire di aprirli e guarirli del loro silenzio.

Sento le urla, le risate, i giochi, il miracolo di dieci ragazzi che la vita mi ha fatto incrociare

perché io smettessi di avere paura con l’unico antidoto che abbiamo contro la morte:

l’amore”  

 

CONSIGLIATO : A tutti, in particolar modo a chi è disposto a guardare oltre la siepe, come fece Leopardi per scorgere l’infinito. Dovrebbero inserirlo nell’elenco dei testi consigliati non solo per i ragazzi ma anche per gli insegnanti e gli adulti in genere.

 

 

Vi invito quindi alla lettura e, come sempre a condividere la vostra opinione.

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