Proseguiamo con la presentazione del racconto ironico “Le avventure di Mimì Cocò e Bubù”
Chi sono Mimì Cocò e Bubù?
Questi buffi nomignoli identificano le tra protagoniste dell’intera vicenda: Milena ( detta Mimì), Colette ( chiamata spesso Cocò) e Bruna ( la nostra Bubù).
Prima di parlarvi delle tre ragazze e di presentarvele una a una vorrei raccontarvi brevemente come è nata l’idea perché si tratta di un aneddoto carino. Molti anni fa, quando ho iniziato la mia carriera lavorativa, nell’azienda in cui sono stata assunta vi era un collega molto simpatico e “originale”. Questa persona aveva una grande esperienza ed una professionalità innegabili, frutto di anni di attività sul campo ma nonostante questo aveva sempre un occhio di riguardo verso i colleghi meno esperti, pur avendo un ruolo importante era sempre pronto ad ascoltare e la sua indole ironica era nota a gran parte dei dipendenti. Oltre a tante qualità aveva però un difetto, forse più di uno ma al momento non è così rilevante, a volte scordava i nomi e quando non riusciva a far mente locale chiamava le persone con nomignoli buffi come Bubù, Mimì e Cocò per l’appunto.
Quando ho iniziato a scrivere il racconto, parlando della prima esperienza lavorativa delle tre ragazze la mia mente è tornata a quegli anni e, istintivamente, le tre protagoniste hanno assunto nomignoli buffi al posto dei loro veri nomi.
Ora andiamo a conoscere meglio le tre ragazze attraverso dei brevi estratti :
Partiamo da Milena
«Ma non è possibile! Un altro semaforo rosso?»
La giovane donna scuote il capo esasperata, per poi pigiare con energia il dito sulla levetta del clacson.
“Beep, Beep”
«Ma insomma! Ti serve un caffè? Stai ancora dormendo?» sbotta infastidita.
Guarda l’orologio sul cruscotto, ore 8:49.
«Potrei ancora farcela se questo imbranato si muovesse e trovassi subito parcheggio, eccolo!»
Frena bruscamente, lo stridio di gomme sull’asfalto fa sobbalzare un’anziana signora che passeggia tranquillamente sul marciapiede in compagnia di un cagnolino di piccola taglia che inizia ad abbaiare con voce stridula.
Ingrana la retro ed effettua un parcheggio da manuale, spegne il motore e raccoglie velocemente la borsa per scendere dall’auto.
Dalla parte opposta della strada un adolescente che sopraggiunge con passo molleggiato e cuffie nelle orecchie, jeans troppo larghi, cappellino con visiera e una t-shirt di un complesso dal nome impronunciabile, si volta per osservarla dalla testa ai piedi, sembra che voglia farle una radiografia.
Lunghi capelli scuri dal taglio scalato ricadono in morbidi boccoli fino a metà schiena, occhi scuri messi in evidenza da una riga nera ben delineata con l’eyeliner, naso piccolo e labbra carnose, ma non eccessive, ricoperte da un leggero strato di gloss trasparente.
La pelle è abbronzata e il fisico tonico è valorizzato da un abito corto Desigual nero con inserti colorati, il tutto completato da una borsa rossa, e da un paio di sandali neri dal tacco vertiginoso.
Si dirige con passo sicuro verso la libreria storica del quartiere.
Ha quasi raggiunto la porta d’ingresso quando si avverte una melodia meccanica a volume altissimo, la ragazza si blocca, assume un’espressione contrariata e inizia a cercare febbrilmente all’interno della borsa sbuffando.
Dopo qualche secondo di strazio per i timpani dei passanti, riesce finalmente ad agguantare il telefono, trascina l’icona per rispondere e lo poggia nell’ incavo della spalla, inclinando la testa di lato per mantenerlo in equilibrio mentre cerca di richiudere la borsa.
«Pronto!» risponde con tono infastidito. «Sì mamma, ok. Sì, sono appena arrivata». Pausa. «Sì mamma, possiamo parlarne più tardi?» Altra pausa mentre alza lo sguardo al cielo e sospira rumorosamente. «Mamma, va bene. Sono in ritardo per il colloquio, devo andare ti richiamo dopo!» Ma non interrompe la telefonata, si limita ad ascoltare con un’espressione esasperata, poi, con un tono di voce molto alto scandisce: «Ti chiamo dopo!» E riaggancia, per poi riporre velocemente il cellulare, agguantare la maniglia della porta e fare forza per spingerla.