La leggenda dell'erede
Passione scrittura

La leggenda dell’erede di Cristiano Pedrini

Pronti per l’ultimo romanzo dell’autore Bergamasco Cristiano Pedrini?

«Molti di noi sono attratti dal mistero, da qualcosa  che non sempre è spiegabile razionalmente, comporre il mosaico dell’ignoto non sempre è la cosa più giusta da fare.» 

Oggi siamo felici di presentarvi l’ultima opera dell’amico Cristiano Pedrini di cui via abbiamo parlato spesso in passato

 

Autore: Cristiano Pedrini 

Genere: Romance  

Formato cartaceo 14×21 

Formato ebook: epub/mobi e pdf Pagine 200 

Pubblicato con Youcanprint ISBN: prossimamente 

 

Le pietre emergevano dalle acque, innalzandosi fiere verso il cielo terso, come a  voler testimoniare che la loro presenza era indissolubilmente legata a quei luoghi e  intrecciata alla loro storia. Lo scorrere del tempo tentava di sopraffarle, ma da quel lungo  duello, l’isola di San Paolo con la sua misteriosa villa, racchiusa in un giardino in cui  convivevano pini, larici e piante esotiche, sembrava ancora uscirne vincitrice. Quella  costruzione non avrebbe sfigurato in un qualsiasi film storico. Il panorama trasmetteva a  Jacopo sensazioni contrastanti, che andavano dal semplice stupore a una velata  malinconia. 

Si appoggiò al corrimano, fissando le merlature della cinta che circondava l’isola, proprietà  privata da decenni, che scorrevano davanti ai suoi occhi verdi mentre il battello iniziava  ad allontanarsi dall’isolotto. Si voltò, sistemandosi gli occhiali tondi, per guardare il ponte  deserto. Era uno dei pochi passeggeri saliti a bordo dell’imbarcadero, e del resto non c’era  da stupirsene: a quell’ora del mattino non dovevano essere molti ad avere la necessità di  attraversare quella parte del Lago d’Iseo. Pertanto, poteva godersi il breve tragitto e  ammirare le particolarità del battello. Non avrebbe immaginato che fossero ancora in  funzione piroscafi a pale, e il suo stupore aumentò non appena vide gli interni in perfetto  stile liberty, con poltrone e divani in cuoio rosso. 

«Sembra di essere tornati indietro nel tempo» ammise il ragazzo riportando lo  sguardo al lago che il battello fendeva con eleganza, diretto a Montisola, la più grande  delle isole di lago dell’Europa meridionale.  

«Fortunatamente il vecchio Concordia è ancora in ottima salute, nonostante la sua  età» udì alle sue spalle.  

Jacopo si voltò repentino e notò un uomo che lo salutava con un sorriso gentile. Aveva folti  capelli ricci, neri come gli occhi, ed era impeccabile nella sua uniforme estiva. Sul taschino  della camicia azzurra il ragazzo notò il tesserino di riconoscimento, e la sua buona vista gli  fece scorgere la parola “Capitano”, che lo mise a disagio.  

«Lei è il…» tentennò Jacopo. 

«Capitano Gabriele Corsi. Benvenuto a bordo» annuì l’uomo, allungandogli la mano. «Grazie» rispose il ragazzo, stringendogliela. «La sua nave è davvero stupenda»  soggiunse, guardandosi attorno. 

«Il Concordia è stato costruito nel 1926 e restaurato qualche anno fa. Può  trasportare fino a cinquecento persone in crociere che attraversano tutto il lago.» «Anche se oggi c’è molto spazio» sorrise Jacopo. 

«Dovresti essere qui nei week end, o durante la stagione estiva. A volte mi chiedo  come possa essere così veloce con tutta quella gente a bordo» osservò Gabriele. «Ah, capisco. Allora sono fortunato: posso godermi ogni particolare della sua bella nave.»  Jacopo si sedette su una panchina e vi posò lo zaino che aveva con sé. Distese le gambe, 

ispirando profondamente l’aria salmastra e assaporando quei momenti di quiete.  Immaginò che il suo prossimo arrivo non sarebbe stato accolto con lo stesso entusiasmo  che quell’uomo gli aveva mostrato, e del resto non poteva aspettarsi qualcosa di diverso.  Anche lui, in fondo, si sentiva come un pesce fuor d’acqua in quei luoghi che non aveva mai  visto prima. Ancora si domandava come si fosse lasciato convincere ad andare fin lì.  Probabilmente si era sentito in dovere di onorare la memoria di quel caro amico che aveva  voluto fargli un enorme regalo, non pensando che lui avrebbe faticato ad accettarlo. La sua  mente prese a vagare, ritornando a quel pomeriggio che avrebbe dovuto essere come tanti  altri. 

 

 

La storia di ” La leggenda dell’erede “

 

Jacopo Corsi è un laureando in psicologia. Il suo  incontro con Giorgio Viazzi, durante uno stage in una  casa di riposo, lo induce a visitare la località di  Montisola sul Lago d’Iseo. L’anziano uomo lo ha  nominato erede di diverse proprietà sull’Isola, tra cui  un cantiere navale e un terreno al centro di un  ambizioso e faraonico progetto edilizio.  

L’arrivo del ragazzo provoca una piccola rivoluzione,  accompagnata da giudizi e supposizioni. Egli non ha  esperienza di come si conduce un’azienda che negli  ultimi anni è stata gestita da un valente, quanto  egocentrico direttore che non vede di buon occhio la  presenza di Jacopo, così come i Della Torre, una  coppia di amici di Giorgio che vogliono convincere il  ragazzo a vendere il terreno ricevuto in eredità. 

Tuttavia, tra le tante persone che si dimostrano poco  amichevoli, Jacopo incontrerà Gabriele, capitano di  un battello turistico che non nasconderà il suo  interesse verso di lui, spronandolo a prolungare il  suo soggiorno per conoscere meglio l’isola che lo ha  visto nascere e che è certo potrà riservargli molte  piacevoli sorprese. 

Una vecchia storia, che si tramanda di generazione in  generazione, una presenza impossibile ed arcana, che  sembra essere tornata per proteggere l’isola e i suoi  abitanti, e un tenero amore, accompagneranno le  avventure di Jacopo sulle acque del lago, dando vita  ad una nuova leggenda. 

 

 

Entrando nella stanza di Giorgio, Jacopo notò un bellissimo mazzo di rose bianche
posato sul letto, con accanto una busta.
«Sono per te» disse l’uomo uscendo dal bagno, mentre si sistemava la giacca da
camera color bordeaux. Sul taschino era stata cucita una piccola ancora su cui era
attorcigliata una rosa bianca.
«Grazie, ma non capisco» disse Jacopo.
L’uomo, che aveva festeggiato gli ottantacinque anni pochi giorni prima, raccolse il mazzo
di rose e, col suo solito sorriso bonario, le porse al ragazzo. «Penso sia giunto il momento di
farti una piccola confessione… Spero che non me ne vorrai.»
«Beh, dipende. Ho la strana sensazione che tu voglia farti perdonare, anche se non
capisco per quale motivo» osservò Jacopo, odorando le rose.
«Ecco, non sono stato molto onesto con te sul mio passato» riconobbe l’uomo, che
nonostante l’età sfoggiava una folta capigliatura canuta. Inforcò gli occhiali che aveva
lasciato sul comodino e se li sistemò sul naso. Osservò l’espressione smarrita del ragazzo, che
nei mesi passati gli aveva fatto compagnia in molti pomeriggi, allietandoli con lunghe
chiacchierate su argomenti di diversa natura.
«So che non mi resta molto da vivere. Il mio vecchio corpo inizia a cedere, ed è ormai
questione di poco prima che io possa chiudere definitivamente gli occhi e riposarmi.»
«Devo rimanere qui ad ascoltare il tuo epitaffio? Non è che mi faccia molto piacere, e
poi…» La mano sollevata dell’uomo gli impedì di proseguire. Aveva immaginato di
trascorrere qualche ora conversando affabilmente, e invece le sue aspettative si erano
infrante per via di quell’esordio tutt’altro che rassicurante. Si massaggiò il mento
sospirando, in attesa che Giorgio proseguisse.
«Vent’anni fa ho fondato un cantiere navale sul lago di Iseo, un piccolo investimento
che oggi è divenuto una florida attività. Negli ultimi anni mi sono ritirato, lasciandone la
gestione a persone fidate, ma oggi penso che quello che ho costruito debba essere consegnato
a qualcuno che sono certo amerà quei luoghi e farà di tutto perché la loro magia non venga
svenduta per questioni economiche e di interesse. E credo che tu sia la persona giusta.»
Jacopo non riusciva a credere alle sue orecchie. Ora tutte quelle storie sul lago che
aveva udito nei giorni passati dall’uomo iniziavano a comporre un mosaico ben definito.
Scosse il capo, battendosi la mano sul petto. «Senti, io ti ringrazio, ma non ne so nulla di

affari. Come credi che possa cavarmela? Insomma, sto studiando Psicologia e mi manca poco
alla laurea. Non penso di essere la persona che cerchi.»
Giorgio si accomodò nella sua poltrona, davanti alla portafinestra che dava sul giardino.
Quante volte aveva assistito al tramonto e al sorgere del sole, immerso nei ricordi della sua
gioventù. Lui e la moglie erano stati sposati per oltre cinquant’anni, un’unione perfetta, fatta
di comprensione e di stima reciproca, ma non avevano potuto avere figli. Con Emma aveva
condiviso tante gioie e aveva battezzato con il nome di lei il primo battello che aveva varato,
destinato al trasporto passeggeri lungo il lago.
«Non cerco qualcuno che ne sappia di affari… io vorrei solo…» Giorgio sospirò,
cercando le parole più adatte per quello che gli albergava nel cuore, qualcosa che da tempo
voleva condividere con quel ragazzo che un giorno si era presentato dinnanzi alla porta
della sua stanza per un breve colloquio.
Jacopo si era presentato a lui come un laureando in Psicologia alla ricerca di persone a cui
far compilare un questionario. Dopo pochi minuti il giovane aveva messo da parte quei fogli
e si era ritrovato a chiacchierare con Giorgio. Da quel giorno i loro appuntamenti giornalieri
erano divenuti una costante ai quali nessuno dei due voleva sottrarsi. Jacopo accompagnava
l’anziano in lunghe passeggiate nel giardino della casa di riposo oppure tra i negozi del
centro, gustando insieme a lui un gelato o facendo piccoli acquisti. Dal nulla tra loro era
nata un’amicizia, nonostante appartenessero a generazioni lontane, cresciute in mondi
diversi, e nonostante lo scorrere del tempo li avesse plasmati tanto da renderli a volte
persino alieni l’uno agli occhi dell’altro. Ma quella diversità svaniva quando si ritrovavano a
conversare sui veri valori della vita e sull’amicizia.
«So di non averne il diritto, ma in questi mesi mi sono crogiolato nel pensiero che tu
potessi essere il figlio che non ho mai potuto avere. Lo sai, la prima volta che ti ho visto mi
sono lasciato guidare dal pregiudizio» ammise l’uomo, invitandolo con la mano ad
avvicinarsi.
«Beh, posso immaginarlo» sorrise imbarazzato Jacopo, accostandosi alla poltrona.
«Lo so, a volte mi scambiano più per un teppistello ribelle che per un futuro psicologo»
proseguì toccandosi il piercing d’argento che sovrastava la palpebra destra.
«In effetti… hai una bella collezione.» Giorgio indicò i due orecchini al lobo sinistro.
«Ma se c’è una cosa che ho imparato è di non giudicare mai dalle apparenze, sebbene a volte
ci inducano a credere di essere dalla parte della ragione.
Jacopo si posò le mani sulle ginocchia, sfregandosele ripetutamente. «Hai detto che
per tutti questi anni sono state delle persone fidate a gestire i tuoi beni. Perché ora pensi che
debba essere io a farlo?»
«Non ti ho detto che dovrai farlo, non in prima persona. Francesco Danieli, il direttore,
potrà restare al suo posto e occuparsi dell’azienda, ma non ho intenzione di lasciare a lui la
proprietà. Tuttavia, converrai che sarà necessario che tu, prima o poi, dia un’occhiata a
quello che ho intenzione di lasciarti. Nella busta c’è una copia del mio testamento:
conservala, e quando sarà il momento, il mio legale farà i passi necessari.»

 

Cristiano Pedrini rif

Ringraziamo Cristiano per il materiale fornito 

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