L’amico Cristiano Pedrini colpisce ancora con il terzo libro della serie The first Boy
Dopo una serie di vicissitudini, Christopher sembra essersi ormai ambientato a Washington, ma la vita accanto al presidente USA non è sempre semplice.
Partiamo come sempre da qualche informazione sul testo
Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Narrativa
Formato cartaceo 14×21
Formato ebook: epub/mobi e pdf
Pagine 318
Pubblicato con Youcanprint
Di cosa parla The first Boy – l’eterna promessa?
Per spiegarvelo lasciamo spazio alla trama che gentilmente l’autore Cristiano Pedrini ci ha inviato
La vita di Christopher a Washington, accanto al
Presidente degli Stati Uniti prosegue tra impegni e
viaggi di Stato. Ma agli occhi del giovane First Boy vi
sono molte sfide che si intravedono all’orizzonte. La
prima è la ricandidatura alla presidenza di Lawrence.
La campagna elettorale sarà difficile, molti si
sentiranno in dovere di mettere in discussione il loro
rapporto, di porre l’attenzione sull’influenza che il
ragazzo sembra esercitare su Lawrence, tanto da
costringere Christopher a fargli promettere di non
perdere tempo a commentare voci e illazioni che
presto o tardi giungeranno. La scelta del nuovo Vice
Presidente, una crisi umanitaria dall’altro capo del
pianeta e i mille risvolti della campagna elettorale
metteranno a dura prova l’amore che li lega. Ma
ancora una volta, Lawrence comprenderà che quanto
di più prezioso possiede non è l’immenso potere che
rappresenta la sua carica, ma la presenza di quel
ragazzo e per lui è pronto a rinunciare a tutto.
Non ho ancora letto questo testo ma conosco bene l’autore e dei suoi romanzi mi ha sempre colpito la sua capacità di trasmettere emozioni, sensazioni, gioie e paure dei suoi protagonisti.
Un’impressione che ha trovato piena conferma anche nell’estratto che ha inviato al blog a proposito di questo terzo capitolo
Estratto – The first Boy 3
«Okay, ammetto che i film di Spielberg sono davvero ben fatti, ma io ho altri gusti»,
commentò Elisabeth affiancando Christopher, osservandosi attorno, assicurandosi che gli altri
agenti della scorta fossero ai loro posti, precedendoli come i protocolli imponevano.
«Quindi non accetti il mio invito alla mia maratona di Jurassic Park?» sospirò il ragazzo
posando la mano sulla tracolla dello zainetto che portava a spalla.
«Passare una intera serata a fissare lucertole troppo cresciute? No grazie, perché non
chiedi al Presidente di farti compagnia?»
«Ha già visto tre volte tutti i film…»
«Tre volte? Anche un santo avrebbe da ridire su questa tua ossessione.»
Christopher si fermò di colpo, costringendo la donna a fare altrettanto. Osservò il sorrisetto
malizioso comparso sul volto scarno del ragazzo, inducendola a puntare l’indice contro il suo
petto. «Non provarci!»
«Perché no? Potrei sempre chiedere la tua presenza per questioni di sicurezza!»
«Scusa, ma da cosa dovrei proteggerti? Da un Velociraptor che potrebbe sbucare dallo
schermo tv e fare un solo boccone di questo visino?» gli chiese strizzandogli la guancia.
«Potrebbe accadere», replicò Christopher riprendendo il suo cammino, lungo il grande
atrio dell’aeroporto.
«Sai, dopo essermi sorbita per tutto il volo i tuoi aneddoti su quei film vorrei evitarmi
altre torture del genere.» L’agente della scorta lo oltrepassò, anticipandolo e uscendo
all’esterno, fermandosi dinnanzi a una delle limousine presidenziali. Aprì lo sportello
posteriore annuendogli. «Quindi mi vedo costretta a rinunciare al tuo invito.»
Christopher sospirò profondamente immaginandosi di dover passare la serata solo soletto
con la sua collezione di dvd. Si guardò attorno prima di salire in auto quando notò una donna
anziana che a pochi metri frugava convulsamente nella sua borsetta di lana, alternando lo
sguardo al trolley posato davanti ai suoi piedi.
Lentamente gli si avvicinò, incurante dei richiami di Elisabeth, fermandosi accanto a lei,
accorgendosi solo in quel momento che era di bassa statura, forse arrivava al metro e mezzo,
nonostante le scarpe con il tacco che indossava.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiese.
«Oh, che intuito. E poi dicono che i ragazzi di oggi non sono svegli», annuì la donna
richiudendo la borsa. «Credevo di avere ancora qualche dollaro per un taxi ma evidentemente
mi sbagliavo. Per la verità non trovo neppure più il portamonete, forse devo averlo chiuso
nella valigia.»
«Ah, capisco», osservò Christopher cingendo le mani dietro la schiena. «E perché avrebbe
dovuto lasciarlo là dentro?»
«Perché negli aeroporti ci sono molti furti. Quindi prima della partenza l’ho messo al
sicuro.»
«Beh, allora ora può aprirla e prenderlo», replicò il ragazzo indicandola.
«Lo farei volentieri ma ho dimenticato la combinazione. Alla mia età è già tanto che mi
ricordi dove abito.» Quella risposta ironica venne accompagnata dal lento movimento dellepiccole mani della donna che si tolse gli occhiali tondi, con una vistosa montatura viola,
ripulendole con il fazzoletto.
«E si ricorda dove vive spero…»
«Credo di sì, a George Town, o almeno credo.»
Christopher sollevò il trolley indicando la limousine, sfidando l’espressione perplessa di
Elisabeth. «Bene, allora le posso dare un passaggio.»
«Con quella?» domandò la donna senza mostrarsi sorpresa. «Chissà quanti litri di benzina
consuma quel mostro ogni chilometro.»
«Molti, ma purtroppo non mi permettono di farne a meno.»
«Certo, non sarebbe molto pratico per il First Boy andare in giro a piedi.»
Il giovane posò il trolley all’interno dell’abitacolo della vettura, invitando la sua ospite ad
accomodarsi, offerta che accolse sedendosi sul grande sedile di pelle.
«Ci hai trasformato in un taxi? Oltre ad aver infranto non so quanti regolamenti di
sicurezza», sussurrò Elisabeth a denti stretti.
«Ma tu non farai la spia, vero?» si sentì replicare, fissando quello sguardo da innocentino
che Christopher sapeva sfoggiare con abile maestria.
«Sali, prima che ti prenda sulle ginocchia e ti sculacci per bene.» Quella battuta si infranse
sul volto smarrito del ragazzo. «Che cosa c’è ora?»
«Chi ti ha detto che mi piace lo spanking? Voglio dire, dovrebbe saperlo solo Lawrence
e…»
A Elisabeth bastò una frazione di secondo per accorgersi che la stava prendendo in giro.
Sollevò lo sguardo al cielo prima di battere la mano sul tetto della vettura. «Se non sali ci sarà
qualcos’altro di rosso oltre ai tuoi capelli.»
«Ti riferisci forse a…»
«Esatto, al tuo sederino e non mi importa se la consideri una minaccia perché lo è!»
Christopher annuì, trattenendo a stento un sorriso. Si accomodò accanto alla donna e attese
che lo sportello si chiudesse. Vide il suo capo della scorta sedersi accanto all’autista e pochi
attimi dopo l’auto si mise in moto allontanandosi dal terminal.
Il ragazzo allungò la mano verso il suo ospite. «Beh, visto che lei già mi conosce, molto piacere
signora…»
«Mi chiamo Catherine e sono davvero lieta di conoscerti», rispose stringendogliela. «Lo so,
avrai pensato, visto il mio tono e le mie battute, che non mi facesse piacere accettare il tuo
invito, ma in realtà ho dovuto trattenermi perché avrei dovuto abbracciarti. Assomigli molto a
uno dei miei nipoti. Lavora in uno studio legale qui a Washington.»
«Davvero? E perché non è venuto a prenderla all’aeroporto?»
Catherine osservò distrattamente il finestrino, scrutando il panorama. «Non volevo
disturbarlo, è sempre molto impegnato.»
«E come si chiama?»
«Devon, ha ventisette anni, e ogni domenica viene a pranzo da me per gustarsi il mio
insuperabile polpettone.»
«Adoro il polpettone. Oltre a essere una brava cuoca cosa fa di bello?»
La donna si rivolse verso Christopher fissandolo divertita. «Se quello era un autoinvito, sei il
benvenuto. Mi ero fatta l’idea che tu fossi un ragazzino molto curioso, non mi ero affatto
sbagliata.»«Beh, a parte essere apostrofato come ragazzino, in realtà ha ragione. Sa come dicono, la
curiosità è la porta della conoscenza.»
«Sono una vecchia insegnante in pensione, ho una casetta in cui vivo da oltre trent’anni,
frequento un club della lettura e dirigo un rifugio per animali bisognosi.»
«Un rifugio? E cosa ospita?»
«Gatti, per la maggior parte sono abbandonati, insieme ad alcune amiche ho creato uno
spazio per loro nel retro del mio cortile. Ne abbiamo una trentina.»
«È molto lodevole da parte sua. Sa, io non ho mai avuto un gatto.»
«Alla Casa Bianca non avete animali?»
«Per la verità no, io e Lawrence non ci abbiamo mai pensato.»
Catherine incrociò le dita delle mani, osservandosele. «Potreste adottare uno dei miei
trovatelli. Sarebbe un gesto molto gentile e magari lanciare un messaggio per invitare molte
altre persone a fare lo stesso. Potreste visitare il mio rifugio, farvi accompagnare da qualche
deputato o Senatore amante degli animali e con giornalisti al seguito e…»
Christopher si voltò sollevando le mani in segno di resa. «Scusi, ma lei non è una stratega
politica in incognito? Dovrebbero assumerla al Congresso!»
«Entrare in quel covo di fannulloni? No grazie…»