Questa settimana ci terrà compagnia un altro scrittore siciliano.
Dopo Giovanni Verga è oggi il turno di Luigi Pirandello e della novella “L’ombrello” in tema con le condizioni climatiche delle ultime settimane.
La scorsa settimana per la rubrica “leggiamo insieme” avevamo proposto la novella “Primavera” di Giovanni Verga , quest’oggi vorremmo invece proporvi la lettura condivisa di “L’ombrello” di Luigi Pirandello.
Vi ricordiamo che tutti i testi prodotti sono consultabili online gratuitamente e possono essere letti in breve tempo.
Pirandello è sempre riuscito a sorprendermi per la capacità innata di descrivere il quotidiano in chiave introspettiva. Le descrizioni, gli eventi, gli elementi narrativi sono sempre narrati attraverso il filtro di chi li osserva. Tuttavia ho sempre trovato la sua visione della realtà piuttosto cinica, estremamente realista, poco incline a speranze e fantasie. Ovvio che anche questa novella ( come quella di cui abbiamo parlato la scorsa settimana) debba essere contestualizzata nella sicilia del 1909 quando è stata scritta.
In sintesi di parla di una giovane donna rimasta vedova che si reca in un negozio per acquistare articoli per la pioggia con le sue bambine. Nel tragitto pensa continuamente e, come spesso accade, si affligge per le difficoltà ed è preda di continui contrasti emotivi; elabora riflessioni suggerite dalla fatica più che dalla razionalità ma … al ritorno a casa il destino le tirerà un tiro mancino.
Vi propongo alcuni stralci interessanti
Quest’anno anche Mimi aveva cominciato a frequentare il giardino d’infanzia, ed erano altre sei lire al mese di tassa; perché… ma sì, non aveva saputo togliere Dinuccia, la maggiore, dalle scuole a pagamento per mandarla a quelle pubbliche; e le toccava di pagare per due, adesso. E le tasse erano il meno! Tutte alunne per bene, in quella scuola, e le sue piccine non dovevano sfigurare.
Non si perdeva lei, no: morto il marito, che aveva vent’anni più di lei, pur dovendo attendere a quelle due creaturine, aveva avuto la forza di ripigliare gli studii interrotti all’ultimo anno; aveva preso il diploma; poi, avvalendosi del buon nome lasciato dal marito e delle molte aderenze ch’egli aveva, facendo anche considerare le sue tristi condizioni, era riuscita a ottenere una classe aggiunta in una scuola complementare. Ma la retribuzione, insieme con la pensioncina del marito, non bastava o bastava appena appena.
Se avesse voluto…
La “mammina” cerca di fare un’analisi della situazione e riconosce i propri meriti ma c’è quella conclusione se avesse voluto … quella ricerca di un capro espiatorio, di un motivo che la spinga a non fare qualcosa. La frustrazione e la stanchezza si riversano talvolta sulle figlie, in particolare sulla maggiore di indole seria e introversa
Ebbene, certi giorni, senza saper perché, o meglio, senza volersene dire la ragione, ella cadeva in una cupa irrequietezza; era agitata da una sorda irritazione, che cercava in ogni più piccola contrarietà (e quante ne trovava, allora!) un pretesto per darsi uno sfogo. Le erano mancati per via quegli sguardi, quell’ammirazione. E segnatamente sulla maggiore delle figliuole, su Dinuccia, si scaricava allora la maligna elettricità di quelle torbide giornate. La piccina, senza saperlo, attirava quelle scariche col suo visino pallido, silenziosamente vigile, coi suoi sguardi attoniti e serii, che seguivano la mammina furiosa, la mammina che si sentiva spiata e credeva di scorgere un rimprovero in quell’attonimento penoso e in quello sguardo serio e indagatore.
E dopo gli acquisti, colta da un’infinita tristezza e vittima del senso di inadeguatezza arriva a pensieri terribili:
Uscita dalla bottega in preda a una rabbiosa mortificazione, la mammina lottava in quel momento per espungere dall’animo il più cattivo dei pensieri contro la sua Dinuccia: un pensiero orribile, ch’ella non voleva assolutamente le si riflettesse neppure per un attimo sulla coscienza, dove sarebbe rimasto, al minimo contatto, come una macchia, come una piaga.
Eppure, a ogni urto anche lieve contro la dura realtà, in certi momenti, quel pensiero odioso le si riaffacciava all’improvviso. E il pensiero odioso era questo: che se lei, Dinuccia, non ci fosse stata (non che dovesse morire, Dio, no!; ma se non ci fosse stata, ecco, se non l’avesse avuta), ella, con Mimi soltanto, ch’era d’indole così gaja e aperta, sempre contenta, con Mimi soltanto, ella si sarebbe rimaritata.
per poi ravvedersi poco dopo e decidere di ricompensare la piccola.
La guardò, e subito, come le soleva avvenir sempre, sentì un acuto rimorso e un’angosciosa tenerezza per quella sua povera piccina. La vide ancora tutta intenta a dare quella sua prova di bravura e non potè fare a meno di sorridere.
Lei, no; ma avrebbe voluto che qualcuno per via esclamasse: «Ma brava! Guardate come sa regger bene l’ombrello quella pupetta!». … e Dinuccia, che sapeva reggere così bene l’ombrello, doveva reggere il nuovo e non il vecchio.
Ho trovato particolarmente interessante quello che può apparire un dettaglio “Lei no”.
Vi invito a leggere la novella per scoprire come finisce la storia ma se volessi trarre un insegnamento da questa narrazione direi
“Non lasciare che frustrazione e orgoglio ti annebbino la vista e ti impediscano di dimostrare sentimenti ed emozioni!
Vivi il presente con intensità e consapevolezza!”
Lella Dellea